5 “What If” incredibili nel Calcio
Mondi alternativi e finali differenti. Con i “se” non si fa la storia, ma certamente si può fantasticare
Il "se" è una congiunzione ipotetica che spesso accompagna i nostri pensieri. Passiamo gran parte del tempo a chiederci cosa sarebbe successo in un mondo alternativo, se queto o quello non si fossero messi di traverso ostacolando il passaggio. Nel calcio, la costruzione di un finale diverso è in grado di aprire un'infinita possibilità, fantasticare con la mente fino a tornare poi, irrimediabilmente, alla realtà. Con il "cosa sarebbe successo se…" possiamo davvero spaziare in una moltitudine di situazioni diverse: noi qui abbiamo scelto cinque "What If" che ancora facciamo fatica a spiegarci.
Se Ronaldo Nazario non si fosse mai infortunato
Qui siamo alla presenza, probabilmente, di uno dei più grossi "What If" della storia del calcio.
12 aprile 2000: la data spartiacque che ha segnato per sempre un futuro dove Ronaldo il Fenomeno sarebbe stato, senza se e senza ma, il giocatore più forte che questo sport abbia mai ammirato. Sì, perché il Fenomeno visto fino a quel momento al Cruzeiro, PSV, Barcellona e Inter era qualcosa di mai visto su un terreno di gioco. Un marziano palla al piede in grado di scartare chiunque, con la tecnica prima e con la potenza di un carro armato poi. Mix incandescente tra fisicità, agilità ed equilibrio, che gli permetteva di risultare estremamente efficace in ogni situazione di campo, segnando a profusione.
Dopo la lesione del tendine rotuleo che gli fece saltare mezzo campionato 1999/00, Marcello Lippi lo rimanda in campo due giorni dopo in un Lazio-Inter di Coppa Italia. Basteranno 19 minuti a Ronaldo per cambiare l'inerzia della sua carriera, ma in negativo: nel tentativo di effettuare l'ennesimo dribbling, il ginocchio fa crack da solo. Il Fenomeno rimane a terra, angosciante, nel silenzio dell'Olimpico, e per rivederlo nuovamente in campo si dovranno attendere quasi due anni.
Il mondo intero non avrà più l'occasione di gustarsi quel ciclone brasiliano che aveva scosso l'intera Europa, nonostante Ronaldo riuscirà comunque poi parzialmente a riprendersi, vincendo un Mondiale da protagonista indiscusso e giocando nei Galacticos del Real. Ma mai al 100%, mai con quello strapotere senza precedenti nel calcio.
Un Fenomeno tanto forte quanto sfortunato, in grado comunque di farsi amare dall'intero popolo calciofilo.
Se Italia-Corea del Sud del 2002 si fosse giocata con un arbitro diverso
Buffon; Panucci, Maldini, Iuliano, Coco; Zambrotta, Cristiano Zanetti, Tommasi; Totti, Del Piero, Vieri. Questo era l'11 iniziale scelto dal Trap in quella nefasta notte allo stadio Daejeon, in Corea del Sud. Siamo catapultati al 2002, un Italia un po' zoppicante al Mondiale, ma con una formazione tra le più forti della rassegna iridata, giunge agli ottavi di finale, dove incontra la Nazione ospitante. La sfida è inutile raccontarla, così come il protagonistmo del direttore di gara Byron Moreno. Siamo qui invece a chiederci cosa sarebbe successo se ci fosse stato un arbitro diverso, o magari le tecnologie di oggi.
Probabilmente gli azzurri, ipotizziamo noi, sarebbero riusciti a qualificarsi agevolmente, date le sproporzioni delle forze in gioco, affrontando poi una sfida "più lecita" con la Spagna ai quarti di finale (anche gli iberici minacciarono un complotto a seguito della loro eliminazione). Una formazione sicuramente ostica, forte, che ci avrebbe messo come sempre in difficoltà, ma forse non a sufficienza per passare il turno.
Ecco, ora immaginatevi un famelico Italia-Germania in semifinale 2002, con risultato analogo a quello di 4 anni dopo, e uno straordinario rematch contro il Brasile di Ronaldo, a Yokohama, in finale. Siamo andati troppo oltre con la fantasia? Forse, ma gli scenari in caso di passaggio del turno sarebbero stati molti.
Certo, se non ci fosse stato Byron Moreno…
Se l'Italia si fosse qualificata al Mondiale 2022
Rimaniamo in tema Nazionale focalizzandoci un attimo sul nostro attuale presente, dimenticandoci di Italia-Macedonia ed immaginando un mondo alternativo dove Jorginho non sbaglia il rigore con la Svizzera e gli azzurri, campioni d'Europa in carica e sulle ali dell'entusiasmo, si qualificano per i Mondiali di Qatar 2022. Dove sarebbero potuti arrivare i ragazzi terribili del Mancio?
Analizzando in maniera oggettiva quella che è stata la rassegna iridata, l'Italia si sarebbe sicuramente presentata ai nastri di partenza come una potenziale favorita, sospinta dall'onda dell'Europeo e forte delle proprie capacità, arrivando agevolmente tra le prime 8. Una buona difesa, il centrocampo tra i migliori del torneo ed un attacco fresco, con fame di grandi palcoscenici.
Noi tifosi, dal canto nostro, avremmo vissuto questo Mondiale con il solito eccessivo pathos, godendoci ogni istante in compagnia al bar o a casa davanti a caminetto o stufa. Ed invece…
Se Alexandre Pato non si fosse mai infortunato
Quando il "Papero" varcò la soglia di Milanello, mostri sacri come Maldini, Gattuso e Nesta si resero subito conto di avere a che fare con un fuoriclasse incredibile. Pato aveva appena 18 anni, un fisico gracilino, ma alla prima alla Scala del Calcio, al cospetto del Napoli, mandò in visibilio gli spettatori deliziandoli con dribbling, 3 assist e giocate da urlo, suggellando il tutto con il gol finale. Un potenziale campione che, in un Milan a forte propulsione brasiliana, si ambientò subito in Serie A, segnando ed esibendosi spesso in accelerazioni brucianti. 9 gol in campionato all'esordio, poi 15 l'anno successivo in 36 partite. Da esterno o da punta il risultato era il medesimo: spettacolo.
Poi? Poi qualcosa si rompe. Il ragazzo gracilino si irrobustisce, ma paga le conseguenze di una crescita muscolare che lo porta più spesso ad infortunarsi. Il minutaggio cala, sempre di più. In mezzo, c'è il tempo per una doppietta al Bernabeu, uno Scudetto vinto da protagonista, giocando da campione con continuità quando serviva di più, ed una rete bruciante al Camp Nou, quando con un solo allungo di palla ed uno scatto si mette dietro tutta la straordinaria difesa del Barcellona.
Purtroppo, però, quello che nel 2010 era considerato uno tra i più forti giovani in circolazione, esce lentamente dai radar, fino a sparire definitivamente. Il Milan, con profondo malincuore, lo cede nel 2013 al Corinthians, e dal quel momento per Pato inizia una lunga girandola di squadre che, nel 2022, lo porterà negli States dopo aver giocato in Cina, Spagna e Inghilterra, senza più tornare il vero Papero.
Cosa sarebbe stato, allora, l'ex numero 7 rossonero senza quei maledetti infortuni? una storia troppo triste per essere conosciuta.
Se l'Inter non avesse mai scambiato Ibrahimovic per Eto'o
Il grande affare dell'era Moratti. Zlatan Ibrahimovic è la stella dell'Inter, viene da tre Scudetti di fila coi nerazzurri vinti da indiscusso protagonista, ma sente la necessità di sollevare un trofeo che ancora gli manca: la Champions League. A quel tempo, la squadra più "facile" con cui poter arrivare fino in fondo alla competizione è il Barcellona di Guardiola, freschissimo di Triplete appena conquistato. L'Inter, a dirla tutta, lo svedese vorrebbe tenerlo, offrendogli anche la maglia numero 10. Ma Zlatan non ne vuole sapere, e con il fido Raiola confeziona il trasferimento che il patron del Biscione accetta con un conguaglio di quasi 50 milioni di euro ed il cartellino di Samuel Eto'o.
E così, Ibra si congeda a Mourinho (con quest'ultimo a promettergli che la coppa la alzerà lui) e abbraccia la sua nuova squadra con entusiasmo e massima felicità, pentendosene amaramente pochi mesi dopo. Moratti, con il tesoretto appena ottenuto, prende Milito, Sneijder e Lucio, confezionando la campagna acquisti perfetta. Il resto, come si dice, è storia nota.
Ma cosa sarebbe successo se tutto questo non fosse mai avvenuto? Probabilmente il Barcellona, con il camerunense (più funzionale al gioco di Pep) ancora al centro dell'attacco, avrebbe di nuovo vinto la Champions League, con Ibra e l'Inter a rincorrere, confermandosi comunque in Italia come la squadra più forte.