I 5 Tridenti più Nostalgici della Serie A
Qual è il tridente più nostalgico che ti viene in mente?
La nostalgia: un sentimento nobile e delicato che, facendo leva sulle proprie emozioni, rievoca ricordi di un passato lontano ed apparentemente incompatibile con il presente.
Viene facile allora credere come il “prima” fosse meglio dell’”ora” e, tale pensiero, è ancora più forte quando si parla di calcio.
Troppe volte sono stati comparati giocatori di epoche diverse, con una ipotetica bilancia sempre pendente a favore della leggenda del tempo che fu, perché si diciamocelo, il “calcio era diverso”.
La nostalgia incontra la razionalità, in una sfida in cui prevale grazie ad un cuore pulsante che scavalca senza troppi fronzoli una mente troppo realista.
È così allora l’ieri batte l’oggi in una sfida ideologica senza vincitori né vinti.
Qui, abbiamo riesumato alcuni tra i tridenti più amati dalla nostalgia: attaccanti capaci di far saltare i propri tifosi dalle poltrone e mai dimenticati.
Affetto, ricordi e gol, eccoli:
Mascara, Spinesi, Corona (Catania 2006/2007)
Il Catania torna in Serie A dopo il secondo posto ottenuto in B l’anno precedente e lo fa da protagonista.
La squadra allenata da Marino sprizza calcio da tutti i pori, non disdegnando quella sana cattiveria agonistica che le permette di conquistare ben 28 punti solamente in casa.
Dei 48 gol in campionato, 30 portano la firma del magico tridente Mascara-Spinesi-Corona.
In particolare, è Gionatha Spinesi a rendersi autore di una stagione da autentico trascinatore.
Dopo il bottino di 23 gol dell’anno precedente, 17 saranno i centri in A, di cui undici tra le mura amiche del Massimino.
Ai suoi lati, agiranno splendidamente il futuro capitano della squadra Mascara, talento enorme forse troppo sottovalutato nell’arco di tutta la sua carriera, e Re Giorgio Corona, alla sua prima stagione nella massima serie con 7 gol segnati all’attivo.
Zampagna, Di Napoli, Iliev (Messina 2004/2005)
Il Messina targato 2004/2005 è forse una delle squadre più nostalgiche degli ultimi 20 anni.
L’approdo nella massima serie fa da contraltare all’inizio da un calendario proibitivo che brutti presagi sembra far intravedere a tifosi e piazza.
A Mutti vengono confermati gli artefici della promozione in A, ai quali si aggiunge un centravanti di provincia del calibro di Riccardo Zampagna.
All’esordio Parma finisce 0-0, mentre al San Filippo è proprio il nuovo arrivato a suggellare con un pallonetto uno straordinario 4-3 ai danni della Roma, replicato tre giorni più tardi dall’impresa titanica di San Siro: 1-2 a casa dei Campioni d’Italia del Milan.
I giallorossi viaggiano a ritmo incredibile, svettano fino al secondo posto e per diverso tempo flirtano con un piazzamento Champions, classificandosi poi al termine della stagione al settimo posto con 48 punti, di cui 38 in casa (con solo 2 sconfitte).
Un 4-4-2 classico, fatto da coltello tra i denti in difesa e ripartenze micidiali condotte da un tridente entrato nella storia della nostalgia.
Zampagna è la punta dell’iceberg, il finalizzatore da 12 gol, i primi in assoluto per lui in Serie A, Iliev segna solo una volta, ma le sue sterzate e dribbling ammattiscono le difese e creano superiorità numerica in attacco.
Poi, Re Artu(ro) Di Napoli completa con qualità e tecnica il trio, confermandosi un top player da giocate d’alta scuola, gol (9) e assist.
Una squadra straripante che stupì l’Italia intera facendo sognare tutta la città.
Di Natale, Iaquinta, Di Michele (Udinese 2004/2005)
In Friuli un giovane Luciano Spalletti guida sapientemente da ormai un paio d’anni l’Udinese in zona Coppa Uefa.
Una squadra solidissima, rigenerata dopo stagioni di magra, con una difesa a 3 tra le migliori della Serie A ed un centrocampo talentuoso.
In fase offensiva il grande colpo estivo è Antonio Di Natale, ragazzo che in maglia bianconera da lì a poco farà la storia del club, il quale si va ad aggiungere al rientrante David Di Michele e Vincenzo Iaquinta.
Un tridente tricolore che, dopo un inizio balbettante complice qualche difficoltà nel trovare l’assetto giusto, troverà nel girone di ritorno la forza per trascinare l’Udinese verso il quarto posto, conquistando in questo modo per la prima volta l’accesso alla prossima Champions League.
Un risultato incredibile a coronamento di una crescita straordinaria e di un progetto ambizioso e lungimirante.
Il sogno si avvera proprio all’ultima di campionato, quando in Friuli arriva il Milan ancora rintontito dallo psicodramma Istanbul: 1-1 con gol di Di Michele, punto fondamentale per tenere la Samp distante una sola lunghezza e far impazzire una piazza che esplode letteralmente in festa.
La stagione, come detto, vibra sulle ali dell’entusiasmo di un magico trio di supereroi in casacca bianconera: 7 gol per il Diez Di Natale, 13 per Iaquinta e 15 per Di Michele, mattatori e match-winner delle sfide più importanti contro le dirette rivali.
Vucinic, Chevanton, Konan (Lecce 2003/2004)
Dopo un anno di purgatorio in B il Lecce torna a giocarsi la A e lo fa con il confermatissimo Delio Rossi in panchina.
Nella rosa ci sono ottimi giocatori come Tonetto, Ledesma, Giacomazzi, Stovini e Chevanton.
Proprio quest’ultimo è il deus-ex-machina dei destini del club, già protagonista l’anno precedente in B con 16 gol e vero e proprio leader in campo e fuori.
Nella massima serie saranno 19 i gol segnati in appena 31 partite, bottino che gli varrà per un solo anno il titolo di miglior marcatore del Lecce in Serie A, raggiunto la stagione seguente dall’altro protagonista di questo articolo Mirko Vucinic.
Il montenegrino, nel 2003/2004 segnerà subito all’Ancona, salvo poi infortunarsi al ginocchio e rimanere fuori per quasi tutto il resto della stagione.
Un peccato quindi non averlo ammirato al meglio delle sue possibilità in un tridente che, insieme a Konan (6 gol) avrebbe certamente potuto dare il meglio di tutti.
Un “what if” gigantesco che, forse proprio per questo motivo, rende il tridente nostalgico e allo stesso tempo molto amato.
Miccoli, Cavani, Pastore (Palermo 2009/2010)
Per Zamparini fu il miglior Palermo della storia.
Una squadra piena zeppa di talento, una piazza ribollente di passione a sospingerla soprattutto in casa, dove i rosanero conclusero la stagione da imbattuti con 13 vittorie su 19 e 45 punti.
Sabatini dirigente, Zenga inizialmente in panchina, poi sostituto da Delio Rossi.
Fu proprio l’attuale direttore sportivo della Salernitana a portare in Sicilia in estate Javier Pastore, argentino di classe e fisico cristallino, uno straordinario interprete degli spazi che con una visione periferica sapeva sempre dove imbucare il pallone.
Davanti a lui, il numero 10 Miccoli e l’altro sudamericano Edinson Cavani completavano un tridente da leccarsi i baffi.
65 punti totali, 18 vittorie e solo 9 sconfitte, un quinto posto che sa di beffa anche per via della classifica avulsa, la quale confermava il Palermo come miglior squadra negli scontri diretti.
Miccoli fece 19 gol, Cavani 13, Pastore 3 (poco avvezzo alla fase realizzativa quanto estremamente efficace nelle assistenze).
Una squadra magica capace di far tremare le big italiane, un 11 iniziale che forse, oggi, avrebbe lottato anche per qualcosa di più.