Scopri i 5 centrocampisti più ignoranti degli ultimi 20 anni
Macchine improbabili, identità, eccessi e molto di più!
Non sempre le attitudini più ricercate del centrocampista sono la visione di gioco, il controllo palla, la tecnica individuale e l’inserimento.
Molto spesso in una squadra è necessario disporre di un giocatore che, nella zona nevralgica del campo, sia in grado di fare legna, bloccare le incursioni avversarie, fare da schermo alla difesa.
La Serie A, uno dei campionati più belli del mondo, ha potuto annoverare nel suo parco centrocampisti calciatori di prim’ordine, veri e propri campioni che hanno scritto pagine indelebili di questo sport, ma anche elementi passati alla storia per tutt’altre caratteristiche.
Esuberanza, atteggiamenti sopra le righe, attitudine al contatto fisico, alla scivolata puntata sulle gambe piuttosto che sul pallone, vicende di gossip e situazioni quando meno grottesche.
Una lista bella lunga di giocatori entrati nel cuore dei tifosi non per le gesta in mezzo al campo ma bensì fuori.
Ne abbiamo identificati 5 che sarà difficile scordarci negli anni a venire.
Arturo Vidal
Lamborghini, Porsche? No grazie.
Partiamo subito con il botto grazie al cileno che, nonostante i milioni di euro in banca, per viaggiare sicuro ha recentemente scelto di acquistare una Panda d’epoca.
Con il sole, con la pioggia o sotto la neve non riesce a rinunciarci mai, mostrandola sempre in tutto il suo splendore sul proprio profilo Instagram.
Non servono chissà quali giocate sul terreno di gioco, Vidal solo per questo si merita un riconoscimento a parte, eppure il nativo di Santiago negli anni ha voluto esagerare, compiendo gesti di sana ignoranza rimasti nell’immaginario collettivo.
Risse, acconciature improponibili, guida in stato di ebbrezza e super-car distrutte, condizioni non presentabili ai ritiri della Nazionale, interventi killer ed espulsioni.
Una carriera condotta sempre sul filo del rasoio dove agli atteggiamenti, per così dire, poco consoni ad un atleta hanno fatto da contraltare alle prestazioni sul campo, spesso eccellenti in ogni squadra in cui abbia militato.
Messosi in vetrina nel Bayern Leverkusen, il giovane Arturo è diventato “grande” nella Juventus, alla corte di quell’Antonio Conte che diversi anni dopo l’ha rivoluto fortemente nella sua inter.
Uno dei più forti centrocampisti degli ultimi 15 anni, un jolly capace di ricoprire con la stessa efficacia più ruoli della mediana e capace di vincere, da protagonista, 5 Scudetti, 3 Bundesliga, 1 Liga e 2 Copa America.
Genio e sregolatezza.
Ma Arturo Vidal è sempre stato così: sé stesso, prendere o lasciare.
Luciano
Le sue vicende andrebbero raccontate in una serie tv dal sicuro successo.
Luciano, all’epoca Eriberto, sbarca in Italia nel 1998 al Bologna, e dopo due buone stagioni diventa uno dei punti di riferimento del Chievo dei miracoli allenato da Gigi Delneri.
Ala veloce, tecnica, che in maglia gialloblù si renderà protagonista del clamoroso campionato concluso al quinto posto con la qualificazione in Coppa Uefa.
È l’estate 2002 quando la Lazio mette gli occhi addosso al calciatore brasiliano, all’apice della popolarità e del successo, offrendo ben 18 miliardi di lire al club clivense, una cifra astronomica.
Qui, però, la storia si interrompe e si apre una nuova pagina quantomeno grottesca.
Eriberto fugge in Brasile per risolvere “questioni personali”, rientra e rivela pubblicamente il suo segreto.
Ammette di chiamarsi in realtà Luciano e di avere tre anni in più rispetto a quelli dichiarati.
Questo perché, nell’aprile 1996, un faccendiere senza scrupoli gli offrì un cambio di identità (con tanto di documenti falsi) per permettere al giovane di sostenere alcuni provini calcistici in Brasile che non gli sarebbero stati concessi con la sua vera età (in quanto già aveva superato i 20 anni).
Si scoprirà, inoltre, che l’Eriberto truffato dell’identità era invece un povero contadino che tentò, tramite cause legali, di rivalersi su Luciano, senza successo.
Ne conseguirà una squalifica di 6 mesi, un rischio di carcere ed una carriera che da quel momento in poi subirà una netta flessione.
Una situazione incredibile che però non potrà celare quanto di buono fatto vedere da Luciano/Eriberto soprattutto negli anni al Chievo: 6° giocatore in assoluto per numero di presenze in campionato con il club, a quota 311, e 2° per numero di presenze in Serie A, con 231.
Paul Gascoigne
Grande protagonista sul rettangolo verde ma anche, suo malgrado, fuori.
Una vita decisamente “da rockstar”, portata all’eccesso in numerose occasioni.
Personaggio controverso, tanto forte in campo quanto slegato da ogni forma di ordine fuori.
Gazza si è sempre distinto per il suo forte temperamento, un carattere non certo facile da gestire per qualunque allenatore l’abbia allenato.
In Inghilterra esplode al Tottenham la Gazzamania: esultanze speciali, gesti iconici lo rendono un personaggio amato dai tifosi e mediaticamente apprezzato.
L’arrivo in Italia, dopo l’infortunio, lo vede esordire con un “ciao Bagascia” detto ad una giornalista.
Gli infortuni ed alcuni momenti, per così dire, goliardici lo allontaneranno dalla Lazio.
Alcuni compagni diranno poi quanto il centrocampista inglese si divertisse, tra le altre cose, a urinare sui compagni.
Mai banale, insomma.
Un talento incredibile, forse sprecato, ed una testa troppo calda.
Nel suo caso però, è stata la dipendenza dall’alcool a fermarlo oltre ogni modo, un demone con il quale l’inglese ha sempre combattuto e continua a farlo tramite riabilitazioni e operazioni.
Un vizio che l’ha mangiato dentro, portandolo a soffrire di numerosi problemi fisici e arrivando a tentarlo al suicidio più volte.
Radja Nainggolan
Un’anima da guerriero temprata da un’infanzia difficile ed un futuro costruito dando calci ad un pallone.
Radja Nainggolan è un combattente e questo suo atteggiamento lo riversa sul campo, dando sfoggio di tutta la sua cazzimma in ogni situazione di gioco.
Ferocia nel recupero e nello spezzare le avanzate avversarie, tackle duri e non sempre puliti per vincere la battaglia e aiutare la squadra a portare a casa la vittoria.
In Italia dopo le prime esperienze con Piacenza e Cagliari è la Roma a puntare forte sul belga, e lui ricambia subito la fiducia alzando, stagione dopo stagione, il proprio rendimento fino a diventare un perno imprescindibile della Lupa.
Un ninja dalle creste colorate, pieno di tatuaggi e dalla potenza fisica devastante.
Una vita a mille all’ora, sul campo come fuori, dove con i propri veicoli non disdegna di correre oltre i limiti consentiti dalla legge, a volte accompagnato da qualche bottiglia di troppo.
Quest’ultimo brutto vizio lo rende pubblico anche sui social, quando durante il Capodanno 2018 si mostra in diretta coi follower visibilmente su di giri (“mbriaco fracico” ammetterà lui), bestemmiando e fumando sigarette, causando l’ira della Roma.
Un evento che susciterà critiche e polemiche ma anche l’ilarità di tutti coloro che vedranno in Radja una persona “vera”, senza filtri, amante delle feste perché “ogni notte sarà sempre come il capodanno di Nainggolan”
Insomma, l’ennesimo caso di genio e sregolatezza.
Felipe Melo
Uno che in Brasile viene soprannominato “Macellaio” non può non entrare dritto dritto in questa top 5.
Lui è Felipe Melo, 183 centimetri di pura cattiveria agonistica, ex di Juventus, Inter e Fiorentina (in Italia) e attualmente in forza al Palmeiras, club con cui ha vinto le ultime due edizioni della Copa Libertadores, facendosi immortalare a letto con i due trofei insieme.
Poco avvezzo alla tecnica ma bensì al fare legna, il brasiliano è il classico giocatore che sarebbe meglio avere come fedele compagno nella nostra squadra piuttosto che da avversario, per non rischiare di uscire in barella.
Un difetto comportamentale messo in luce alla Juve (Chiellini dirà che “con lui si rischiava sempre la rissa”, prendendosi di risposta “è un senza palle”) e risaltato nei diversi anni.
Come dimenticare alcune espulsioni celebri come il fallaccio, ai tempi dell’Inter, con un intervento da Kung Fu su Biglia (piede a martello sull’orecchio), per un totale di 20 cartellini rossi ricevuti in carriera, inferiore solo ad altri due mestieranti nel lasciare la squadra in 10 come Ramos e Rafa Marquez.
Niente male per uno dei calciatori più fallosi degli ultimi vent’anni.
E se non avesse fatto il calciatore? Lui ammette che, dato il luogo degradato in cui è cresciuto, sarebbe stato un assassino.
Fate vobis.
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