Il nostro ricordo di Giosuè Stucchi

Giosuè Stucchi è stato un gigante. Nel fisico, con i suoi 180 centimetri e 81 chili di muscoli, che lo rendono un difensore unico per la sua epoca, in grado di contenere giganti come Charles e Nordahl. Nell’animo, perché il suo coraggio, la sua combattività e la sua naturalezza nel dare tutto per la squadra rendono impossibile non volergli bene.
Orfano del padre, ex ciclista professionista, trascorre la gioventù dividendosi tra gli allenamenti e il lavoro in un altoforno a Sesto San Giovanni. Viene notato dall’Inter, ma è la Roma a volerlo più di tutti, su indicazione del tecnico Jesse Carver. Le visite mediche evidenziano una scheggia calcificata nel ginocchio sinistro, firma un contratto che avrebbe comportato una riduzione dell’ingaggio in caso del mancato raggiungimento delle 20 presenze. Ne mette insieme 29 e diventa un punto fermo della difesa romanista.
Nessuno pensava, nel luglio del 1954, quando arrivò a Roma, che sarebbe diventato uno dei giocatori più attaccati alla maglia che si siano mai visti dal 1927 a oggi. Forse era scritto nelle stelle, dato che è nato il 13 marzo, stesso giorno di Bruno Conti, Sebino Nela, Picchio De Sisti e Nicolas Lombardo.
Un giocatore fondamentale in una squadra per natura votata ad attaccare. “Gigi Giuliano andava in avanti a cercare gloria e io restavo dietro a difendere“, ha raccontato. Impavido e leale, chiunque si sentirebbe sicuro ad essere difeso da Giosuè Stucchi e chiunque, se serve, è pronto a difenderlo.

Se fischiate Stucchi, fischiate anche me
Renato Sacerdoti

Anche il presidente Renato Sacerdoti che un giorno, dopo un’amichevole in cui il pubblico accenna a una contestazione, esce dal campo al suo fianco guardando i tifosi, come a dire: “Se fischiate lui, fischiate anche me“.
Nel febbraio del 1958, alla vigilia di una partita che avrebbe visto assenti Ghiggia e Giuliano, cioè capitano e vice, disse al presidente Anacleto Gianni: “Via, volete che vada via dalla Roma senza aver indossato neanche una volta la fascia di capitano? E cosa racconterò a mio figlio?“. Ed è capitano, meritatamente, per quattro partite.
Il 22 marzo 1959 subisce un grave infortunio durante la partita contro il Vicenza. Una brutta entrata di un avversario gli causa la rottura della rotula e l’intervento chirurgico è inevitabile. Rientra sei mesi dopo, senza riuscire però a trovare la continuità di un tempo.
Totalizza comunque 5 presenze nella Coppa delle Fiere vinta dalla Roma e di cui è sempre andato orgoglioso, al punto di conservarne una miniatura nel salotto di casa sua. Ma Giosuè Stucchi non è stato per niente una miniatura, è stato un gigante, nel fisico e nell’animo.

Al momento di andar via, il presidente mi chiese cosa potesse fare per testimoniarmi l’apprezzamento. Si aspettava chiedessi un premio. Chiesi una cosa sola: di poter tenere la divisa sociale che avevo onorato. L’ho sempre conservata”.
Giosuè Stucchi

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