È proprio vero: il calcio è tutto fuorché una scienza esatta. Lo ha dimostrato il Leicester di Claudio Ranieri qualche annetto fa, lo sta dimostrando il Girona di Michel in Liga nell’ultimo periodo. In terra spagnola, là dove Real Madrid, Barcellona e Atlético sono soliti fare incetta di titoli, è venuta fuori una nuova realtà calcistica. Ebbene sì, dopo una vita di gavetta tra la Tercera Division, leggasi Serie C italiana, e la Segunda, sembra che il Girona sia approdato nella massima categoria iberica per dettare legge; andate a chiedere, tanto per citare due colossi, a Blaugrana e Colchoneros, presi a sberle, o meglio a pallonate, in campionato, senza troppi complimenti. Allora sorgono spontanee alcune domande: da quale pianeta sono atterrati i biancorossi di Gerona? E come fanno a contendere la Liga a Real Madrid e company con uno stadio da 15.000 posti scarsi e un budget tra i più miseri della Serie A spagnola? Un miracolo? Un fuoco di paglia?
Una favola sì, un miracolo no: garantito! E probabilmente nemmeno un fuoco di paglia. La formula vincente del Girona prevede alcuni ingredienti ben amalgamati tra loro, un po’ come un piatto ben riuscito che nel menù ci rimane a vita. Il primo ingrediente si chiama City Football Club, la multinazionale britannica che controlla svariati club tra cui, lo avrete già intuito, il Manchester City, ma anche il Troyes, il nostro Palermo, il New York City eccetera eccetera… Insomma, ci siamo capiti. E si dà il caso che il Girona, in questa galassia di squadre, sia il punto di approdo di calciatori giovani e di talento che devono farsi le ossa; due nomi su tutti il terzino destro Yan Couto e l’ala sinistra Savio Moreira de Oliveira, entrambi brasiliani e subito capaci di fare la differenza nei rispettivi ruoli. La gioventù è straripante, si sa, ma in certi momenti occorre anche esperienza, che al Girona non manca. I catalani, infatti, lanciano prospetti e rilanciano calciatori più stagionati ma ancora in gamba: l’olandese Daley Blind, per esempio, difensore centrale arrivato dal Bayern Monaco a titolo gratuito, o lo spagnolo David Lopez, altro difensore centrale, ex Napoli, offerto in dono dall’Espanyol.
Dal reparto arretrato a quello avanzato la politica non cambia, con due punte centrali, una giovane l’altra ben più in là con gli anni, che si alternano nel tridente offensivo: l’ucraino Artem Dovbyk prelevato dal Dnipro per otto milioni scarsi, e l’ex Reggina Cristhian Stuani costato ancora meno (due milioni e mezzo). Altro ingrediente vincente del Girona è perciò una profonda cultura calcistica; quel complesso di competenze, occhio lungo e idee che ha prodotto una squadra ben assortita con quattro spiccioli: lo abbiamo detto, talenti in erba da iniziare al grande calcio, giocatori esperti finiti nel dimenticatoio delle corazzate europee ed ex promesse di venticinque/ventisei anni da tirare a lucido dopo alcune stagioni così così; il riferimento, non casuale in quest’ultimo caso, è a Aleix Garcia, anche lui arrivato gratis e subito trasformatosi nel direttore d’orchestra del centrocampo biancorosso; buon per lui, visto che si è pure guadagnato la prima convocazione in nazionale. L’ultimo ingrediente decisivo nella crescita del Girona è senza dubbio il suo allenatore Miguel Angel Sanchez Munoz, noto a tutti come Michel, uno che ha portato Rayo e Huesca nella A spagnola e che poi ha dimostrato di poter dominare la Liga con un’altra recluta o quasi. Se il laboratorio Girona funziona a meraviglia (risultati sportivi e valore rosa decuplicato), il merito va anche al suo brillante alchimista.