L’evoluzione del marketing sportivo
Il calcio è sempre stato uno sport di massa con un seguito tale che il binomio pubblicità/calcio è stato da sempre vincente. Qualsiasi realtà imprenditoriale, dalla più grande alla più piccola ha sfruttato questo redditizio canale di comunicazione. Esporre sotto qualsiasi forma il proprio brand durante una partita ha sempre rappresentato garanzia di grande visibilità, veicolata da ben 22 testimonial d’eccezione! Attraverso un rapido excursus, passeremo in rassegna i momenti più eclatanti che hanno segnato l’evoluzione del marketing sportivo in ambito calcistico.
Quando c’erano soltanto i cartelloni sulle tribune
Oggi siamo abituati a considerare la sponsorizzazione delle divise dei calciatori come normale ma così non lo è stato almeno fino alla fine degli anni ’70. Per un lungo periodo di tempo gli sponsor nel calcio erano presenti solo sui cartelloni pubblicitari collocati all’interno dei campi di calcio. Gli stadi, già a partire dagli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, potevano ospitare anche fino a 40.000 posti e i cartelloni pubblicitari, seppur pochi e collocati in alto sulle tribune, erano già presenti in gran numero e faranno da protagonisti almeno fino all’avvento della televisione, che rivoluzionerà l’intero mondo della pubblicità.
La Televisione sposta la cartellonistica a bordo campo
Negli anni Cinquanta arriva lei, la televisione, con una programmazione che strizza l’occhio alla passione degli sportivi. I notiziari e le prime telecronache calcistiche iniziano a diffondersi riscuotendo un successo senza precedenti e sulla scia di questa nuova opportunità comunicativa i cartelloni pubblicitari vengono immediatamente collocati a bordo del campo per essere visibili anche al pubblico a casa. Precisamente è allo stadio Comunale di Torino nel 1957 che per la prima volta appaiono i cartelloni ai bordi del campo e nel 1959, in occasione di Italia-Inghilterra, l’operazione verrà replicata nel glorioso stadio di Wembley. Da quel momento è stato un crescendo che ha coinvolto tutte le manifestazioni calcistiche anche di natura internazionale come i mondiali di calcio; a tal proposito proprio nell’edizione messicana del 1970 i marchi, che oggi definiremmo globalizzati, compaiono stabilmente nella nuova collocazione facendo da sfondo alle gesta di Rivera, Mazzola e Pelè.
Spuntano i primi sponsor sulle maglie
Dal bordo campo in breve si passerà a sponsorizzare direttamente le maglie dei protagonisti al punto che oggi le squadre professionistiche senza sponsorizzazione sulla maglia sono davvero una rarità. Anche il Barcellona, che per decenni aveva resistito alla tentazione, ha ceduto accettando la sponsorizzazione della propria maglia da gioco. Il primo caso in assoluto di una maglia di club sponsorizzata risale al 1973 quando l’Eintracht si accordò con la Jagermeister, in questo caso i tedeschi, pur di assicurarsi i soldi dello sponsor, cambiarono lo stemma societario in quello dell’azienda di liquori per aggirare il regolamento dell’epoca che vietava la pubblicità sulle maglie. L’intuizione dell’Eintracht venne seguita da molti club tedeschi che iniziarono ad escogitare trucchi analoghi pur di assicurarsi i soldi delle sponsorizzazioni.
E in Italia? Dagli anni Ottanta alla finale di Coppa Italia 1995
Dalla stagione 1978-1979 la Federcalcio permette di esporre sulle maglie il solo logo dello sponsor tecnico, ma le regole non possono arginare la spinta irrefrenabile del marketing sportivo… Sarà l’Udinese, all’epoca in Serie B, ad esporre il marchio Sanson, proprietario della squadra e della nota marca di gelati sui pantaloncini. I friulani approfittarono del fatto che il regolamento vietava le sponsorizzazioni delle maglie e nulla diceva al riguardo degli altri indumenti. Di li a poco arrivò anche la prima maglia con sponsor di una squadra di Serie A: era quella del Perugia di Paolo Rossi. La sponsorizzazione era ancora formalmente vietata e pertanto venne pensato un escamotage piuttosto ingegnoso creando un produttore di maglie ad hoc, quello che oggi definiremmo lo sponsor tecnico, che avrebbe fornito le divise alla squadra. Fu chiamato “Ponte Sportswear”, guarda caso “Ponte” era anche il nome del pastificio che voleva sponsorizzare la squadra umbra e così nel pieno rispetto del regolamento la scritta “Ponte” apparve in bella evidenza sulle maglie rosse del Perugia.
Dagli anni Ottanta alla finale di Coppa Italia 1995
Niente fu più come prima e tutte le squadre trovarono il modo di aggirare i divieti imposti dai regolamenti, questo fino alla stagione 1981 – 1982 in cui il divieto di sponsorizzazione delle maglie cadde definitivamente. In maniera molto rapida nel corso degli anni ’80 tutte le squadre acquisiscono una sponsorizzazione che è quasi sempre un’azienda nazionale o addirittura di carattere locale. Questi marchi restavano legati alla stessa squadra per diversi anni tanto che veniva praticamente spontaneo abbinare una squadra ad uno sponsor, così l’Atalanta era Sit-In, il Verona Canon, la Juventus Ariston e la Roma Barilla. Come non ricordare la maglia dell’Inter quando il suo sponsor era Misura e quella della Fiorentina con il Crodino in bella vista, oppure il Napoli di Maradona con il golosissimo marchio Mars. Progressivamente questo romanticismo ha lasciato spazio al business puro con colossi multinazionali, che hanno cominciato ad accaparrarsi le maglie e non solo. A tal proposito, resta indimenticabile la finale della Coppa Italia 1995 Parma contro Juventus, in cui i parmigiani erano sponsorizzati dalla Parmalat. In quell’occasione, il marchio della nota azienda alimentare venne addirittura impresso a grandi lettere sull’erba del campo.
Il fenomeno delle sponsorizzazioni oggi
L’evoluzione verso l’attuale modello è stata molto rapida anche perché le squadre di calcio, sempre a caccia di nuovi e più cospicui introiti per mantenere in equilibrio i conti economici, hanno progressivamente concesso a uno o più sponsor tutto lo spazio disponibile nelle maglie da gioco. I marchi, sempre più legati a grandi colossi internazionali, hanno invaso il mondo del calcio e ora sono esposti in lungo e in largo sull’abbigliamento tecnico dei team. Aziende automobilistiche e del terziario e grandi compagnie di viaggio internazionali hanno preso il posto delle aziende locali del passato che spesso erano di proprietà dello stesso presidente della squadra di calcio. I guadagni dei club in molti casi sono costituiti oltre che dagli introiti dello sponsor principale anche da quelli dei cosiddetti co sponsor che vengono esposti sulle divise dei calciatori. In questo senso, l’esempio più ecclatante del calcio italiano è quello del Napoli con MSC Crociere che affianca il brand Lete.
Il fenomeno delle sponsorizzazioni nel calcio ha assunto una dimensione tale da essere uno dei parametri economici più rilevanti per i club di tutto il mondo. Il contratto di advertising, sempre più esclusivo, segna anche la differenza tra i ricavi sponsor maglia dei grandi club e dei più piccoli. In questo senso, basti pensare al contratto che lega per 18 milioni a stagione la Jeep alla Juventus oppure quello che garantisce al Milan 25 milioni annui dalla Fly Emirates. Ti sembrano cifre da capogiro? In realtà, la nostra Serie A è ancora molto distante dalla Premier League dove gli introiti da sponsorizzazioni percepiti dalle squadre sono ancora anni luce da quelli dei nostri club!