Antonio Conte è ancora garanzia di successo?

Juventus, Chelsea, Inter, Tottenham e perfino l’Italia. Cos’avevano in comune quattro squadre di club e la nostra Nazionale prima di rivolgersi a Conte per la propria panchina? Bisogno di vincere. Bisogno di dimenticare le annate precedenti, impostare in breve tempo una mentalità aggressiva ed innalzare il brand a livello globale. Anche a caro prezzo. Come il conduttore di un reality, Antonio Conte è uno dei pochi allenatori, se non l’unico, in grado di invertire la tendenza di “Squadre da incubo” lavorando in full immersion sui singoli calciatori prima di inserirli, uno per uno, dentro a un flusso di gioco semi-automatico.

In un calcio che si rivoluziona esponenzialmente, laddove l’interpretazione sembra sempre più avere la meglio sulla rigida esecuzione di schemi di gioco codificati, il nome di Antonio Conte – che rivoluzionario lo è stato davvero – ancora oggi sopravvive nel pantheon dei desiderata di top club come Napoli, Milan e (di nuovo) Juventus. Perché l’allenatore con la media punti più alta nella storia della Serie A (2.26 a partita in 6 stagioni) è garanzia di fame, fermezza, esperienza. Un lavoro profondo sulla testa prima ancora che sul fisico, che “spreme” duramente nel breve ma lascia più d’un impronta nel lungo periodo.

E così, se qualche mese fa a “Belve” diceva che, prima di concludere la carriera, gli sarebbe piaciuto vivere piazze come Roma e Napoli, tra non molto potrebbe esaudire il suo stesso desiderio. Non la Capitale, quasi sicuramente, che con De Rossi ha trovato in modo un po’ fortuito un mister di grande prospettiva. Forse Napoli, quindi, la più malmessa tra le prede italiane in cerca di riscatto – la difesa di un titolo peggiore di sempre, probabilmente. Conte a Napoli sarebbe un connubio passionale e una sfida interessante (da qui sono usciti sconfitti allenatori plurititolati come Ancelotti e Benítez).

C’è soltanto il solito problema ADL. Il presidente del Napoli non ha mai nascosto la propria stima nei confronti del tecnico pugliese ma la storia caratteriale dell’uno e dell’altro non lascia presagire un rapporto sano e duraturo. Conte non è un aziendalista e non si fa problemi a criticare apertamente il club per cui lavora, pur pretendendo di avere ampia voce in capitolo nelle politiche societarie. C’è poi il discorso monetario: difficile che De Laurentiis voglia pagare 9-10 milioni di stipendio senza poter contare sui proventi della Champions League, così com’è difficile che Conte possa ridimensionare le proprie pretese.

Senza considerare che l’arrivo di Conte implicherebbe una rivoluzione del modello economico-finanziario partenopeo sul mercato: Conte ha richieste precise (e onerose) e non accetta di buon grado compromessi. Di conseguenza il discorso si complica pure per l’altra pretendente, il Milan. Sbarcando sull’altra sponda del Naviglio, Conte porrebbe rimedio all’ingovernabilità tattica dell’ultimo periodo rossonero di Pioli ma prevederebbe uno stravolgimento della rosa – più facile, per esempio, la cessione di Leão per finanziare il mercato che il suo adattamento a seconda punta del 3-5-2.

Il problema, in questo caso, sta nell’attuale indecisione della dirigenza milanista, che, a quanto pare, preferirebbe proseguire con Pioli, anche se la riconferma sembra paradossale in caso di eliminazione dall’Europa League. C’è poi, infine, la Juventus, che resta tuttavia defilata a causa di ragioni ancora una volta economiche: Allegri ha un contratto fino al 2025, non è opzionabile il versamento contemporaneo di due stipendi molto onerosi. Eppure, sarebbe forse proprio nell’ambiente bianconero che la filosofia rigeneratrice di Conte avrebbe maggior efficacia e libertà di manovra.

Non sono da sottovalutare, però, le piste estere che conducono a Monaco e Manchester. Il Bayern – l’unico ad aver perso la Bundesliga nell’ultimo decennio – ha però l’ambizione di tornare un contender credibile a livello europeo (storicamente, non la specialità di Conte). E allora lo United, che senz’altro si accontenterebbe di tornare campione d’Inghilterra e che avrebbe bisogno di una personalità forte in grado di risanare un ambiente tossico ricco di calciatori scarichi e demotivati. Ma la triste esperienza londinese è ancora troppo fresca e Conte vuole essere certo di poter tornare a vincere.

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