Nato nel 1905, l’Australian Open è lo Slam più giovane e il primo grande torneo vinto da Sinner. Per ora il campionissimo italiano è distante anni luce dal record di 10 titoli detenuto da Djokovic, che tra l’altro, a Melbourne, non ha mai perso una finale e nel 2025 proverà l’impresa degli 11 trionfi. Ne vedremo delle belle, ne siamo certi, perché la storia di questa competizione è ricca di colpi di scena, aneddoti e curiosità. Sapevate, per esempio, che nel 1977 si è giocata una doppia edizione degli AO, una a gennaio e l’altra d icembre? Ebbene sì, è accaduto anche questo. Stiamo parlando anche del primo torneo che si è giocato al coperto, una necessità, viste le condizioni meteo spesso imprevedibili dell’estate australiana, tra piogge violente e caldo asfissiante.
Ma la sopravvivenza degli Australian Open si deve proprio ai capricci del meteo. Curioso, non è vero? Negli anni Ottanta del secolo scorso i tennisti con la “T” maiuscola cominciarono a snobbare la rassega a causa dell’impraticabilità di una superficie, l’erba, non adatta al clima del luogo. Per fortuna, il colpo di genio degli organizzatori non si fece attendere: rivoluzione totale, grossi investimenti nella struttura e costruzione della Rod Laver Arena, un impianto avveniristico da 20.000 posti con tanto di copertura retrattile. A proposito, dall’erba si passò al cemento gommoso Rebound Ace, poi al Plexicushion, quindi oggi, a partire dal 2020, al GreenSet, materiale in acrilico duro. Fatto sta che il cambio di rotta, così deciso, valse all’Australian Open il nome di Happy Slam, e da allora tutti i migliori tennisti al mondo vollero partecipare al Major ritenuto ormai il torneo più all’avanguardia dell’anno.
L’opera fu completa con l’aggiunta della Margaret Court Arena e della Melbourne Arena, a loro volta munite di un tetto: elemento di non poco conto, anzi! A oggi, infatti, gli Australian Open sono l’unico torneo Slam che possa vantare tre bellissimi campi da gioco con copertura mobile. E pensare che agli albori – torniamo dunque al 1905 – il celebre torneo nacque come The Australasian Championships e restò tale fino al 1927, quando fu chiamato The Australian Championships, quindi dal 1969, denominato finalmente Australian Open. Non si è trattato solo di una questione di etichetta: il nome originario era motivato dal fatto che all’epoca il major si giocava in diverse città australiane e neozelandesi, Christcurch e Hastings per la Nuova Zelanda; Melbourne, Sydney, Adelaide, Brisbane e Perth per l’Australia. Un torneo itinerante a tutti gli effetti e, anche per questo, mal digerito dai suoi protagonisti (fino al cambio di rotta decisivo, s’intende!).
Sono davvero tante le storie, senza dimenticare le sfide epiche, scaturite dal Melbourne Park. Eccone alcune in rapida successione. L’allagamento della Rod Laver Arena del 1995 poco prima del doppio femminile, con le protagoniste della partita a improvvisare un ballo in acqua per gli spettatori increduli; il taglio di capelli di Djokovic nel salone di bellezza dell’impianto, un taglio che stva per costare la squalifica al serbo (il motivo? Era atteso al centrale per la sua partita): E come non citare il lungo, lunghissimo duello tra Hewitt e Baghdatis: iniziato in prossimità della mezzanottte, ora locale, andò avanti fino alle 4 e mezzo del mattino; 5 set tiratissimi. E chudiamo con un record, quello messo a segno da Nadal e Djokovic nella finale Australian Open 2012 che vide soccombere lo spagnolo dopo 5 ore e 53 minuti, la durata della finale slam più lunga nlla storia del tennis.