La Serie A è un campionato fondato sui rigori

Al Castellani di Empoli non c’è partita: il Milan è in vantaggio per uno a zero e in pieno controllo del gioco. Poco dopo il ventisettesimo minuto, Adli crossa dalla bandierina. Il traversone è lungo per tutti, tranne per Loftus-Cheek, che indietreggiando riesce ad agganciare la palla con il tacco per poi rispedirla in semirovesciata verso il centro dell’area di rigore. Il gesto tecnico è ammirevole; il risultato, un lob sgonfio che viene maldestramente allontanato da Walukiewicz. La Penna opta per un nuovo calcio d’angolo; Theo Hernández, lì vicino, lamenta ad ampi gesti una presunta irregolarità di cui sembra solo il testimone.

Il Var dà ragione al francese e richiama l’arbitro al monitor. Le immagini mostrano chiaramente le dita di Maleh – nella più scomposta e incomprensibile delle opposizioni – che si flettono, colpite dal pallone, senza tuttavia influenzarne sensibilmente la traiettoria o la velocità. Il tocco c’è: da regolamento, calcio di rigore ineccepibile. Qualcosa di simile è accaduto la sera prima a Sassuolo. Corner di Bonaventura, colpo di testa del tutto innocuo di Milenkovic, la palla sfiora il braccio di Ferrari e viene allontanata dalla difesa neroverde. L’intera Fiorentina sbraita, fiuta l’occasione: Abisso indica, correttamente, il dischetto.

Questa è, oggi, la Serie A (ma il discorso si può estendere al calcio contemporaneo): una competizione basata sul costante tentativo di appellarsi al punto 14 del Regolamento. Le casistiche sono molteplici e diversificate – ma le invocazioni plateali (spesso ai limiti del cringe) al fallo di mano, le simulazioni, le cadute accentuate, sono la conseguenza di una consapevolezza indiretta. In termini probabilistici, il calcio di rigore è, nella stragrande maggioranza dei casi, una punizione troppo severa per il difendente e una ricompensa troppo generosa per l’attaccante. Ci arriveremo, ma prima un po’ di dati.

Dalla stagione 19/20, il calciatore che ha battuto più rigori in Serie A è Ciro Immobile, che quell’anno raggiunse Nordahl e Higuaín segnando 14 volte dal dischetto (su 15 tentativi). da allora, ne ha battuti altri 25, segnandone 18. Segue Berardi, con un ottimo 27 su 30. C’è poi chi, dagli undici metri, ci ha campato una buona fetta di carriera: chiedere a Mimmo Criscito, che nei suoi ultimi tre anni di A col Genoa, fino alla parata di Audero, ha gonfiato la rete 15 volte – sempre su rigore. Dei 65 gol di Lukaku in Italia, invece, appena il 21,54% è arrivato su gentile concessione del Regolamento.

Il nostro campionato va davvero spesso sul dischetto. La Lazio è la squadra ad averne maggiormente beneficiato nelle ultime cinque stagioni (48), mentre il Milan nel 20/21 batté addirittura 20 rigori. Ma il dato incredibile riguarda l’anno prima, quando in Serie A vennero assegnati ben 187 penalties (quasi 5 a giornata!). Quest’anno siamo ancora in testa, con 64 rigori fischiati; 4 in meno per Liga e Bundes (dove però si sono giocate 17 partite, e infatti la statistica per giornata aumenta: 3.75 a 3.37 per i tedeschi). L’Inter è prima in Europa per presenze dagli undici metri: 7, come il Chelsea, che conta tuttavia un match in più.

Ora, precisazione inevitabile: questa non è una critica delle decisioni arbitrali (semmai, del regolamento), ma la dimostrazione di come il calcio di rigore sia (anche) un insulto alla giustizia in senso lato. A meno che l’infrazione non avvenga in situazione di open shot dentro l’area piccola, non esiste caso in cui un penalty sia matematicamente onesto. Prendiamo un banalissimo Lazio-Fiorentina del 30 ottobre 2023. Al novantaquattresimo, col risultato impalato sullo 0 a 0, Vecino colpisce il braccio di Milenkovic (questa volta dalla parte del torto) con una spizzata fiacca. Proprio Immobile decreta la vittoria dei padroni di casa.

La testata di Vecino registra un xG di 0.04, il rigore di Immobile 0.75. Il regolamento trasforma un tiro ciccato nell’opportunità di vincere la partita, aumentando di quasi 20 volte la chance di segnare. E ciò accade continuamente. Non è difficile cogliere l’incongruenza, né comprendere perché i calciatori ci sperino così tanto. Nessun altro sport funziona in questo modo: gli arbitri, solitamente, ricompensano le vittime di un fallo dando loro un’occasione appena migliore di quella negata dall’avversario. Basti pensare al basket, e al funzionamento dei tiri liberi.

Qualunque sia la ragione ontologica dietro al calcio di rigore – scoraggiare o punire i comportamenti scorretti, o quant’altro – moltiplicare a dismisura la probabilità di un gol in uno sport in cui le reti segnate sono poche per natura è ridicolmente severo. Certo, le tradizioni, specialmente nel calcio, sono difficili da sradicare, e ogni modifica al regolamento è solitamente impopolare. Ma prima di bocciare a priori ogni eventuale novità, pensate alle dita di Maleh, al braccio di Ferrari o a quello di Milenkovic e provate a chiedervi: quanto sentireste davvero la mancanza del meccanismo attuale?

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