La rivoluzione (fallita) di Paolo Zanetti

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Il progetto del tecnico è naufragato tra modulo, cessioni e acquisti sbagliati

La Redazione20 Sep 2023

Domenica sera, la Roma è scesa in campo contro nessuno. L'Empoli di Paolo Zanetti è scomparso, i semi piantati nel corso di una stagione altalenante ma discreta sono andati dispersi. Una squadra spenta, poco propositiva, che ha smarrito la propria identità. A cominciare da quel rombo di centrocampo rodato che agevolava la fase difensiva guidato da un Luperto versione prime. I dati sono impietosi: 0 gol fatti a fronte di 2.45 xG - solo Salernitana, Torino e Verona sono state meno pericolose, ma più ciniche; 9.31 xGA, stima generosa rispetto ai 12 subiti.

A cinque giornate dalla fine, dopo la bruciante sconfitta di Sassuolo, Zanetti aveva deciso di avviare la transizione al 4-2-3-1 spiegando di aver cercato "un nuovo modo di attaccare per essere meno prevedibili". Una scelta che aveva portato tre vittorie e due pareggi in sei partite, esaltando in particolare l'esplosività di Cambiaghi e Akpa Akpro sulle fasce. In base a questo era stato pianificato il mercato estivo: via chi meno si sarebbe adattato al sistema di gioco (come il capitano Bandinelli) e dentro trequartisti come Maldini, Gyasi e Cancellieri.

Tutto bello, sì, ma poi c'è il rovescio della medaglia: lo scorso anno l'Empoli è stato il sesto peggior attacco (meno di un gol a partita) e a fine agosto si è ripresentata con Destro come migliore alternativa di un boccheggiante Ciccio Caputo - e no, non sarà il 2003 Stiven Shpendi ad agire da deus ex machina. Il prestito di Akpa Akpro, una delle note più positive del finale di stagione, non è stato rinnovato in favore di mezze punte fumose ingaggiate per proporre un calcio più offensivo ma dalla scarsa propensione al gol. Sembra quasi che la speculazione abbia preso il posto dell'efficacia, trascurando tutti i progressi della fase difensiva.

Sarà stata un po' di supponenza o quella voglia prematura, dopo un esonero e una salvezza, di farsi largo più agevolmente nella massima serie, ma il progetto promettente di Zanetti è rimasto tale solo sulla carta. I trasferimenti in entrata non hanno saputo coprire le uscite di due pilastri come Vicario e Parisi; i difensori centrali sono di fatto tre per due posti e nessuno vanta particolare esperienza né sicurezza. Sulla mediana, Marin e Grassi convivono a stento, è andata meglo affiancando al regista rumeno un interditore come Haas ma la linea a due non garantisce la stessa copertura del "diamante".

Che qualcosa non andasse si era già capito il 12 agosto, quando il Cittadella aveva espugnato il Castellani eliminando i padroni di casa dalla Coppa Italia. poi la sconfitta col Verona, e di nuovo a Monza. Ed ecco che la rivoluzione di Zanetti è già naufragata - non tutta, in parte. Si passa al 4-3-3, con un regista e due mezzali come da tradizione, Cambiaghi in un ruolo più suo e Baldanzi svincolato dalla pesante responsabilità di cucire il gioco tra centrocampo e attacco. Ma questa volta ci si mette anche il calendario: con la Juventus non sarà sicuramente facile ma l'atteggiamento dei toscani è remissivo, artificioso.

Nessuna big chance creata, nessun tiro in porta. La differenza rispetto a quel 4 a 1 di fine maggio tra una squadra già salva e spensierata e una società tormentata da questioni extracalcistiche risulta lampante. Poi è arrivata la batosta definitiva, sette reti dai giallorossi e la Spada di Damocle che cade implacabilmente sulle ambizioni di Paolo Zanetti - al secondo esonero in un anno e mezzo. Ora tocca di nuovo ad Aurelio Andreazzoli, cultore del vecchio e del nuovo modulo, specializzato in salvezze difficili, conservatore dello status quo. A Empoli si riparte da zero: 0 gol, 0 punti, 0 rischi.