Cuore, solidità e intelligenza: l’Italia riparta da Alessandro Buongiorno

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Il capitano del Torino sembra essere il centrale più maturo tra gli under-25 di Nazionale e Serie A

La Redazione17 Jan 2024

La relazione tra Torino e Buongiorno è una storia d'amore di cui si parla troppo poco. Forse perché, ormai, siamo vittime della disillusione causata dal calcio contemporaneo, o forse perché obnubilati dalle faccende che accadono nelle zone alte della classifica. Fatto sta che il rapporto tra la società granata e il suo giovane capitano non è una storia d'amore come tutte le altre: tutti sanno - e tutti auspicano, per la carriera del ragazzo - che, più presto che tardi, finirà. E finirà bene, come due amanti costretti a lasciarsi per il meglio dell'uno e dell'altro. Ma è il momento di concentrarsi sul presente.

Buongiorno, oggi, è un'assoluta certezza - come le battute sul suo cognome. La sua stagione, fin qui, è il coronamento di una crescita individuale tanto sul piano tecnico-tattico quanto caratteriale. Innanzitutto, complice l'infortunio di Schuurs, Buongiorno ha definitivamente stabilito il proprio ruolo: mai più braccetto mancino, ma centrale inamovibile della difesa a tre di Juric. Escludendo le tre assenze per infortunio, 17/17 da titolare in campionato nella posizione che preferisce. Qui può esercitare il proprio strapotere fisico: 12.09 duelli P90 (54,59% dei quali vinti) e 2.61 tackle a partita (col 57,5% di successo).

Percentuali paradossalmente inferiori rispetto a quelle dello scorso anno (la crescita olistica, dicevamo, è evidente), che vengono giustificate da numeri maggiori per valore assoluto. Più contrasti, più intercetti (2.42 P90), più personalità. Lo stesso discorso vale per i duelli aerei, suo cavallo di battaglia: su 5.42 a partita, quasi tre volte salta più in alto dell'avversario (54,22%) - lo scorso anno chiuse al 65,55%! Bene anche in fase di costruzione, ma meglio sul breve (42.16 passaggi ogni 90' con percentuale di completamento dell'84,19%) che sul lungo - ogni 4.05 lanci gliene esce preciso poco più di uno e mezzo.

Tutt'altro discorso merita, poi, la produzione offensiva. Intanto ha già triplicato il bottino personale raccolto nelle precedenti 70 apparizioni in Serie A. Non che fosse un'impresa segnare più di un gol, ma 3 in 17 partite sono un ottimo score per un difensore centrale. Quel rimpallo fortunoso a Salerno sembra avergli trasmesso grande consapevolezza sulla propria pericolosità in area avversaria - ora è una mina vagante. A Lecce ha deciso la partita con un gol da rapace, col Napoli l'ha chiusa con un'incornata perentoria. Poi, sempre un'esultanza genuina, old school: insieme ai compagni, dirigendosi verso il centro del campo.

Questo è Alessandro Buongiorno: un ragazzo cresciuto nelle giovanili del Torino che, dopo due anni di gavetta in Serie B, si è preso passo dopo passo la squadra per cui tifa - fino a rifiutare, l'estate scorsa, qualunque trasferimento. Un esempio, a livello di maturità e devozione, che accomuna le tifoserie rivali e conferma l'Italia come primo Paese produttore di eccellenti difensori centrali. Insieme a Bastoni (2001), Scalvini (2003) e Calafiori (2002) - una generazione che amalgama solidità e intelligenza dando del tu al pallone - la retroguardia azzurra è al sicuro per i prossimi dieci anni.