I 5 allenatori più ignoranti di sempre

Calciatori Ignoranti

Seduti in panchina, protagonisti nella loro area tecnica ed in conferenza stampa.

Calciatori Ignoranti05 Mar 2022

Seduti, o in piedi, nella loro area tecnica. 
A dispensare urla e dettami tattici alla squadra, o provandoci perlomeno. 
In balia degli eventi come schegge impazzite pronte ad esplodere in occasione di un gol fatto o, peggio, subito. 
I primi a inveire contro il direttore di gara per un torto apparentemente ricevuto, gli ultimi a scusarsi. 
La conferenza stampa che spesso diventa teatro di uno show. 
Il copione? Scritto ad hoc. 
Frasi entrate a tutta velocità nell’immaginario collettivo, parole estemporanee che immediatamente hanno fatto breccia nel cuore dell’ascoltatore. 
Attori protagonisti diventati front-men dei rispettivi club. 
Protagonisti indiscussi dietro la scrivania e sul campo: vincenti quanto sregolati, pionieri rivoluzionari e allo stesso tempo scopritori di nuovi termini del vocabolario. 
Gli allenatori “ignoranti”, variabili fuori dagli schemi nell’ordine precostituito del mondo del calcio. 
Ecco i migliori 5:

Alberto Malesani 

La sua è una storia particolare. 
Il “Mollo” fenomeno del web, negli ultimi tempi, è stato maggiormente apprezzato per le sue fuoriuscite nelle conferenze stampa piuttosto che per i risultati portati sul campo. 
Si, perché il mondo del calcio sembra aver dimenticato l’Alberto Malesani allenatore, capace col Parma di vincere una Coppa Uefa e tre trofei totali nell’arco di cento giorni. 
Tutti, o quasi, lo ricollegano alla madre di tutte le conferenze stampa, epocale quanto memorabile, ai tempi del Panathinaikos. 
Lui, che sostiene quanto i social gli abbiano rovinato la carriera non permettendogli di trovare una nuova panchina, probabilmente avrà cerchiato in rosso la data del 16 dicembre 2005
Il duro sfogo davanti alle telecamere greche sfocia a seguito di alcuni risultati deludenti che avevano allontanato la squadra dalle vette della classifica. 
Malesani è un fiume in piena e si lascia completamente andare: una sbottata colorita, condita da frasi come “Cos’è diventato il calcio? Una giungla ca*o” e le risate generali dei giornalisti, i quali probabilmente nemmeno stavano ben comprendendo cosa stesse dicendo. 
Minuti di tensione mista a stupore che, negli anni, hanno fatto il giro di internet diventando virali, quasi cancellando ciò che di buono era stato poi fatto in campo. 
Un punto di rottura nella carriera da tecnico di Malesani, la cui pietra tombale verrà messa qualche anno dopo, sempre in occasione di una conferenza stampa. 
La sede è Genova, sponda rossoblù. 
Il copione è lo stesso, un attacco frontale al mondo della stampa con parole forti e, apparentemente, particolari. 
“Mollo? Ma che mollo?” la più famosa, sulla quale verranno scritte canzoni, remix, e video altrettanto conosciuti. 

Carlo Mazzone

Quasi 800 panchine in carriera, il grande merito di aver “scoperto” Francesco Totti e la corsa sotto una curva più famosa del calcio italiano
Carletto Mazzone appartiene ad un calcio che non c’è più, intriso di nostalgia e passione. 
“Sor Magara” era un tecnico vulcanico, viscerale, senza filtri. 
Quello che pensava diceva, chiunque avesse davanti. 
Prima giocatore e poi subito allenatore, quasi 50 anni al servizio dell’amato pallone
Salvezze, battaglie di provincia, derby, tante piazze italiane. 
Ma la sua storia, ed il suo ricordo, si devono anche e soprattutto a quel Brescia-Atalanta del 30 settembre 2001. 
L’allora Mazzone, tecnico delle Rondinelle, si lascia andare ad un gesto divenuto iconico e, soprattutto, meme, ancora prima della nascita di quest’ultimi. 
È un pomeriggio infuocato al Rigamonti, il derby con la Dea è sempre sentitissimo e anche questa volta non tradisce le attese. 
Baggio, al 25’ porta in vantaggio il Brescia, Sala, Doni e Comandini la ribaltano già nella prima frazione. 
È ancora il Divin codino a segnare a 15’ dallo scadere. 
Dagli spalti, i tifosi nerazzurri non si lasciano andare a cori dispregiativi all’indirizzo di Mazzone e famiglia, irritandolo e non poco: infatti, non si lascia sfuggire una promessa alla curva avversaria: “se segnamo vengo sotto di voi...”
Mai parole furono più profetiche. 
Baggio segna ancora allo scadere, facendo impazzire lo stadio e lo stesso mister. 
Con il sangue agli occhi, il pugno chiuso e volto dipinto da genuina ira, Mazzone parte come un treno verso i tifosi bergamaschi, travolgendo ogni resistenza ed arrivando proprio fino alla rete che separa il campo dal pubblico. 

Colto da un fulmine di razionalità, si ferma, va dall’arbitro Collina e si fa espellere (saranno 5 le giornate di squalifica). 
Un momento leggendario ed impossibile da non ricordare
Tutto questo era Sor Carletto. 

Trapattoni

Altri tempi, altro gioco. 
Due dita agli angoli della bocca, fischio a chiamare a raccolta la squadra, e catenaccio. 
L’inventore del modulo all’italiana per eccellenza e della “supercazzola” in conferenza stampa ed esportatore all’estero di sana non conoscenza della lingua inglese (celebre il suo “No say cat if it is not in the box” per provare a spiegare il detto nostrano “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”). 
Schietto e diretto, come quando divenne famoso il suo “Strunz!” all’indirizzo del calciatore Strunz, tanto che da noi si pensò ad un chiaro insulto. 
Bonaccione, mosso da sempre da genuina passione per il pallone, il Trap rappresenta un mito irraggiungibile per chiunque. 
Sul campo vincente e fuori idolo incontrastato degli addetti ai lavori per le sue gaffe davanti alle telecamere. 

Bielsa 

Il suo soprannome è “Loco”, e come biglietto da visita forse possiamo fermarci qui. 
Dagli stravaganti metodi di allenamento arrivando a gesti eccentrici e oltre l’ordinario, il tecnico argentino ha saputo negli anni guadagnarsi a pieno titolo l’appellativo che gli è stato affibbiato. 
Una pazzia sana, non malata, che deriva da uno strano modo di intendere calcio e di farlo praticare. 
Si va dalla scaramanzia dei soliti 13 passi prima di sedersi in panchina, ad allenamenti molto particolari. 
Gli aneddoti si sprecano: si dice ad esempio che fece schierare l’intero pacchetto familiare in un campetto di campagna in piena notte per provare un nuovo schema immaginato in sogno, fino ai numerosi tipi di esercizi sperimentati con i propri giocatori nel corso degli anni. 
Amante di dati e studi, nemico di spie e “copiatori”, da C.t. del Cile fece costruire un fossato attorno al campo di allenamento per impedire ai giornalisti di vedere la squadra, mentre al Bilbao inveì contro la ditta che si stava occupando del riammodernamento del campo poiché i lavori andavano a rilento. 
Nel 2016 diviene l’allenatore della Lazio ma dura appena due giorni, recentemente è stato esonerato dal Leeds, provocando l’ira dei tifosi, completamente ammaliati dal suo stile e modo di guidare la squadra. 
Un personaggio che ha saputo rivoluzionare ogni club o nazionale allenato, riconosciuto quasi all’unanimità come un maestro di calcio. 

Mourinho 

Il numero di trofei vinti va di pari passo con la moltitudine di gesti, frasi e frecciate diventate iconiche. 
Dal “non sono un pirla” agli “zeru titoli”, passando per il “rumore dei nemici” ed il gesto dell’orecchio dopo aver battuto la Juventus allo Stadium con tutto lo stadio a fischiarlo nei 90 minuti. 
La lista è veramente lunga, il tecnico portoghese è probabilmente il maggior esponente di questo tipo di comunicazione frontale con la stampa, bravo come nessuno ad accentrare su sé stesso i riflettori, lasciando libera la squadra da pressioni e responsabilità. 
Un frontman eccezionale, maestro delle conferenze stampa e attore protagonista come pochissimi nella storia.
Dal carattere spesso egocentrico, non sarebbe sufficiente un’enciclopedia per raccogliere tutti i momenti in cui lo Special One ha saputo uscire fuori dagli schemi e rendersi memorabile. 

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