5 cose che non sapevi sul ct della Nazionale italiana Roberto Mancini

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Dall’offerta del Milan al cambio di maglia, senza dimenticare la serata che gli costò la maglia della nazionale

Da CFVB25 Jun 2021

Da quando Roberto Mancini siede sulla panchina della Nazionale, grazie al bel gioco espresso dagli azzurri, sembra essere tornato l'entusiasmo tra gli italiani. Dopo la fase a gironi di Euro 2020, la squadra di Mancini arriva agli ottavi di finale con 7 gol fatti e zero subiti, che la rendono una tra le maggiori candidate alla vittoria finale. Le aspettative sono molto alte, ma anche se non dovesse arrivare il grande risultato, il futuro sembra essere roseo, vista la giovane età di questa Nazionale.
Andiamo quindi a svelare alcuni aneddoti sulla vita del nostro commissario tecnico.


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L'offerta del Diavolo 

La carriera di Mancini avrebbe potuto essere ben diversa da quella che è stata. Prima di essere scoperto da Marino Perani, che lo portò al Bologna a soli 13 anni, Roberto era stato infatti chiamato dal Milan per un provino. Gli osservatori rossoneri rimasero esterrefatti dinanzi al talento del giovanissimo marchigiano, tanto che gli assicurarono di volerlo in squadra. Come mai quindi non andò in porto il trasferimento al Milan? Semplice, il club rossonero non spedì la lettera di convocazione all'Aurora Jesi, società per cui era tesserato Mancini, bensì alla Real Jesi. 


Quando Mancini cambiò la maglia della Sampdoria

Siamo nel 1990, la Samp è in trasferta per affrontare gli svizzeri del Grasshopper, la cui divisa bianca e blu impediva ai blucerchiati di scendere in campo con la consueta uniforme. Tuttavia, l'allora presidente Paolo Mantovani non voleva optare per la maglia nera, così Roberto Mancini, nel corso di una cena nel ristorante, propose la storica casacca rossocerchiata. Restava soltanto un ultimo problema? La Sampdoria non poteva giocare con una divisa totalmente rossa unita al blu dello stemma. Troppo forte il richiamo agli odiati cugini. Così Mancini ebbe l'idea di inserire delle linee bianche per spezzare i due colori. Un aneddoto che mostra come Mancini fosse decisivo anche fuori dal campo. Mister, faccio serata. 


Addio alla Nazionale

Se Mancini come allenatore sta facendo benissimo in Nazionale, non si può dire lo stesso di quando era giocatore, anche a causa di un carattere non proprio semplice da gestire. I problemi con la maglia azzurra iniziarono già nel 1984, mentre l'Italia di Bearzot si trovava a New York per una tournée. Il Mancio, allora 19enne, venne invitato da Tardelli e altri giocatori a passare la serata in un noto locale di Manhattan, ovviamente all'oscuro dell'allenatore. Roberto si diverte e balla fino alle 5, ma una volta rientrato in albergo lo aspetterà uno dei più pesanti rimproveri della sua vita, come da lui stesso rivelato:
Subisco in silenzio il peggior cazziatone della mia vita. Me ne dice di tutti i colori, che non ha dormito per la preoccupazione, che mi sono comportato come un somaro, che non mi chiamerà mai più, nemmeno se segnerò 40 gol a campionato.”
Per la vergogna Mancini non si scuserà mai con Bearzot, che non aspettava altro che le scuse per richiamarlo subito tra gli azzurri. Questo racconto illustra al meglio il rapporto, mai decollato, tra il Mancini giocatore e la Nazionale italiana, dove non guadagnò spazio neanche con Vicini e Sacchi, che gli preferirono sempre un certo Roberto Baggio.


Cucciolo e i Sette Nani

La più grande forza della Sampdoria che vinse lo Scudetto davanti al leggendario Milan degli olandesi fu probabilmente l'alchimia del gruppo. Una squadra guidata dal compianto Vujadin Boskov, che amava riunirsi in un locale non molto distante dallo stadio Luigi Ferraris: il ristorante Edilio.
Lì, ogni giovedì sera, si incontravano Biancaneve e i 7 nani. Il ruolo di Biancaneve spettava a Edilio Buscaglia, proprietario del ristorante, mentre i 7 nani erano: il direttore sportivo Borea (Dotto), Gianluca Vialli (Pisolo), Moreno Mannini (Eolo) Domenico Arnuzzo, responsabile delle giovanili (Mammolo) Antonio Soncini, tecnico del settore giovanile (Brontolo) Guido Montali, addetto all'arbitro (Gongolo) e infine, Roberto Mancini (Cucciolo).
Soprannomi da favola, che portarono la Samp al lieto fine.


La passione per il Padel

Oltre alla bici e al tennis, Mancini è anche un grande appassionato di padel, sport che ormai sta spopolando anche nel nostro Paese. Il ct azzurro è stato uno dei primi vip del mondo del calcio ad approcciarsi a questo gioco, quando ancora era sconosciuto.
Era solito andare a giocare al Tennis Club Aeroporto di Bologna, che già nei primi anni 2000 aveva montato due campi in muratura, e ancora oggi, impegni permettendo, ci gioca almeno due volte a settimana.
Una passione, quella per il padel, che Roberto consiglia a tutti, come raccontato in un'intervista al Corriere dello Sport:
Ti diverti fin dalle prime partite e anche se ancora oggi non tutti lo conoscono, il padel continuerà a crescere in maniera esponenziale perché è uno sport aggregante. Gli sportivi sono sicuramente più portati dentro la gabbia, in particolare sulla lettura del gioco. Tra gli ex calciatori ce ne sono tanti bravi, come Candela, Totti, Fiore, Giannichedda, Marchegiani e Di Canio.