È il 4 settembre 2022. Sotto di un gol allo stadio Alberto Picco di La Spezia, Siniša Mihajlovic ricorre alle armi pesanti. Fuori Barrow e Orsolini, dentro il venerando Soriano e un ragazzone dai polpacci troppo gonfi per nasconderli dentro i calzettoni. “Questo è forte, si vede”: viene dal Bayern Monaco, è il più giovane olandese ad aver segnato in Bundesliga. Poco dopo, ad appena vent’anni, ha realizzato quindici gol nella prima divisione belga con la maglia dell’Anderlecht. Voorbestemd, lo chiamano in patria. Predestinato.
Un anno intero passato pazientemente all’ombra di Marko Arnautovic, ma oggi Zirkzee fa quello che vuole. Dell’austriaco ha conservato un po’ di spavalderia, e quell’indisciplina tattica di chi vuole sempre il pallone tra i piedi. Joshua si annoia fin troppo nella vita privata (una passeggiata con il cane, una partita alla PlayStation, nient’altro) per limitarsi a dettare i movimenti offensivi. Non a caso, viaggia ad una media di 49 tocchi a partita, la più alta tra le punte centrali della Serie A (sebbene l’etichetta di “punta centrale” sia qui, evidentemente, riduttiva).
Zirkzee fa sponda ovunque si trovi – puo’ capitare che scenda nella propria trequarti per favorire l’uscita bassa o che ciondoli nel cerchio di centrocampo a cucire le trame rossoblù. Questa sua generosità (unita, spesso, al tentativo di risolvere situazioni complicate con un colpo di fino) comporta inevitabilmente un calo di precisione a livello statistico: da inizio stagione ha completato “solo” il 73.4% dei 312 passaggi tentati. Eppure, riesce a indossare agevolmente anche le vesti del trequartista, mandando al tiro i propri compagni 1.41 volte ogni 90′ (più di Ferguson, per dire).
Fa specie, quindi, che un discepolo del calcio totale come Ronald Koeman non lo abbia ancora preso in considerazione per la nazionale maggiore – lui che incarna lo spirito collettivo della scuola di Cruyff. Forse Joshua ha una visione ancora troppo selettiva delle circostanze di gioco: per esempio, detesta quando la palla si solleva dal suolo, e piuttosto che saltare cerca di piantarsi col fisico e addomesticare la sfera mentre gli avversari gli si arrampicano sulle spalle. Quand’è costretto a colpire di testa, invece, ci impiega il minimo sforzo (15/29 duelli aerei vinti).
Certo, anche la forza di gravità è sua nemica. La corporatura erculea cozza con l’incedere dinoccolato ed elegante dell’olandese; si aggiunga, poi, una padronanza tecnica mostruosa che deve ancora imparare a coniugare con la forza fisica – 23 possessi persi, un po’ troppi. Quasi non si spiegano, in realtà, considerando la lucidità di pensiero che i gol di Zirkzee dimostrano: pensiamo alla fluida finta di tiro (ormai marchio di fabbrica) con cui ha mandato al bar l’intera difesa dell’Inter, prima, Consigli poi e, infine, il povero Vojvoda.
È come se Joshua stesse cercando di conciliare mente e corpo fino a raggiungere il picco di consapevolezza del proprio potenziale. Sembra già aver superato quella sorta di repulsione (o disinteresse) nei confronti del gol che ha prodotto un’aura mistica di superiorità intellettuale intorno al calciatore. Zirkzee ha veramente tutto per diventare the next big thing – personalità compresa. Quella, per intenderci, di segnare un rigore sotto la Fiesole ed esultare (senza malizia, è una roba sua) come Batistuta. Ma forse è stata soltanto colpa del solito conflitto.