1+8 domande a Ivan Zamorano

In campo lo chiamavano Ivan El Terible e Bam-Bam, per tutti i profani si chiama Ivan Zamorano, una delle leggende più amate dal popolo nerazzurro e apprezzate da tutto il popolo tifoso del calcio in generale, che si tratti della sua capacità realizzativa, della vivacità e voracità in campo e fuori, per la sua intensità… E, come dimenticare, per il suo numero divenuto iconico, quel “1+8” che a modo suo ha fatto la storia. Per par condicio, abbiamo deciso di fare proprio “1+8” domande al campione cileno.

Cile o Italia?
Sono molto legato all’Italia e sono molto soddisfatto dell’affetto che ho ricevuto qui in Italia. Sono stato contento e felice nei cinque anni italiani, ma il Cile è il mio Paese, è dove sono nato. È il mio cuore, è tutto per me.

Bronzo
Giocare l’Olimpiade è diverso. Il Mondiale del ’98 è stata un’esperienza unica, ma quelle Olimpiadi sono state come un colpo dal cielo. C’erano solo tre fuori quota, io superavo i trenta insieme a ragazzi di massimo 23 anni. È stata un’esperienza speciale, anche giocare con tanti ragazzi è stato bellissimo, il messaggio che si riesce a dare a questi ragazzi li carica di speranza. Il calcio cileno non ha mai ottenuto medaglie alle Olimpiadi, per cui avere quel bronzo è stato speciale.

El Matador
Ho avuto la fortuna di giocare insieme a grandissimi calciatori. Nel Cile è stato il mio compagno, la “Coppia Sa-Za“, mi sembra che abbiamo giocato insieme per tutta la vita, da sempre. Abbiamo fatto grandi gol per portare il Cile al Mondiale, ma abbiamo anche giocato contro qualche volta proprio qui, in Italia. È stato un grande compagno, un grande campione, un uomo dalla qualità incredibile. E, sicuramente, anche il Cile è stato contento e felice di questa coppia! Abbiamo dato tantissima allegria e qualità alla Nazionale.

Real Madrid
Per me il Real Madrid è stato uno spartiacque della mia carriera calcistica. C’era lo Zamorano prima del Real Madrid e dopo. Prima avevo un nome in Europa, ma solo dopo aver giocato coi Blancos si diventa un giocatore mondiale. Passare al Real è stata una grandissima responsabilità, è stata un’esperienza meravigliosa, mi ha fatto crescere tantissimo, mi ha dato quella mentalità vincente. Una benedizione.

Inter
Ci sono squadre in cui arrivi e ti senti a casa. La storia dell’Inter mi ricorda molto la mia storia. Una squadra sofferta, che deve lottare al massimo per vincere, ma anche una squadra internazionale, piena di passione. In alcune squadre sei solo un giocatore che passa, ma una parte del mio cuore è rimasta a Milano, all’Inter. Anche il mitico 1+8 ha colpito molto profondamente tutti i tifosi nerazzurri, il feeling è scoppiato subito. Quando sono andato via ho guardato la curva Nord. Ho visto un tifoso che teneva un cartello in cui ero rappresentato io come Rambo, mi chiamavano ZamoRambo“. Questo è l’Inter, una squadra forte e affamata. L’Inter è specialesembra che non me ne sono mai andato via

“1+8”
Non è stato uno sforzo così difficile. La “9” la voleva Ronaldo, il miglior calciatore al mondo, il Fenomeno, gliel’ho lasciata volentieri. Quando ho cambiato ho “reinventato” quell’1+8, come mi sono reinventato io. Mi hanno accompagnato tutti in questa idea incredibile, è diventato iconico.

Gigi Simoni
Più che un allenatore era un papà per tutti noi, avevamo un rapporto bellissimo. Il suo forte era la gestione dello spogliatoio, con lui eravamo davvero una famiglia. Oltre alle qualità umane aveva una qualità tecnica straordinaria, e il suo atteggiamento “paterno” fu fondamentale per trasmettere la sua filosofia calcistica in campo. Ci manca tantissimo.

Cabeza
Tutti i calciatori hanno una specialità. La mia era il colpo di testa. Restavo in aria un secondo più degli altri, saltavo altissimo: la soddisfazione di vedere il difensore non arrivare, restare sotto, era quasi impareggiabile. Quando hai questa abitudine bisogna solo lavorarci: con tanto allenamento mi sentivo quasi più sicuro a colpire di testa rispetto ai piedi. Se dovessimo contarli, probabilmente, 30-40% dei miei gol sono stati di testa!

Lampadario
Avevo un lampadario a casa mia; e ogni giorno, quando tornavo da scuola, mi allenavo a colpire di testa questo lampadario a fiore. Il giorno in cui ci arrivai ero troppo contento. Il giorno dopo ci riprovai, ma questa volta non ce la feci: ogni giorno mia mamma alzava il lampadario per non farmelo colpire! Lo alzava sempre di più fino a quando ho rotto il lampadario. Rotto il lampadario, finito l’allenamento! È stato bellissimo, e mi ha aiutato tantissimo a migliorare. Purtroppo tutto questo manca ai giovani di oggi, quella parte più legata al “divertimento”.

Tacco
Ho fatto, credo, due soli gol di tacco. Non era proprio la mia specialità. Però il più bello della mia carriera l’ho fatto con l’Inter. Giocavamo in casa, contro il Napoli. Io rientravo da un infortunio, uno stiramento, dopo due settimane fuori dal campo. Moriero ha fatto una giocata bellissima, poi il mio era tutto istinto. Non era la mia specialità, non l’avrei mai fatto. Eppure ne è uscito un gol bellissimo, un gol alla “Zamorano”, ma per me è stato il gol più bello che ho fatto all’Inter, il più bello tecnicamente.

Pupi
Io e il Pupi abbiamo legato subito da quando è arrivato all’Inter. Siamo una famiglia, sono il padrino di sua figlia, lo considero mio fratello. Ci vediamo una/due volte l’anno con la famiglia, lui è come mio fratello, un grandissimo uomo. Se dovessi scegliere chi rappresenta l’Inter direi Facchetti e il Pupi.

Il Fenomeno
Con i ragazzi dell’Inter ci sentiamo ancora, ho un gruppo whatsapp, “Inter 97/98” con Ronaldo, Simeone e tutti i vincitori della Coppa Uefa a Parigi. Ronaldo per me è stato il migliore con cui ho giocato. 20 anni di carriera e non ho mai visto nessuno con il suo talento, la sua condizione fisica, la qualità e la magia che metteva in campo il Fenomeno. Per me è stato il miglior attaccante al mondo, poter giocare con lui è stata una bellissima soddisfazione. C’è stato subito feeling, colpa del sangue sudamericano. Ronnie è un grandissimo essere umano.

Roberto Baggio
Prima di arrivare all’Inter ammiravo Baggio. Lui è un uomo differente, distintodiverso da tutti i calciatori. In campo, mi ricordo il mio terzo gol contro il Venezia, il quinto della sfida, su una giocata meravigliosa di Baggio. Volevo fargli un omaggio, e dopo il gol sono andato da lui e mi sono messo in ginocchio. Quello rappresenta cosa è per me Roberto Baggio, cosa ha fatto per il calcio mondiale e cosa è stato averlo avuto in spogliatoio come compagno.

Parigi
Parigi è stata una delle serate più belle della mia carriera. Era la mia prima vittoria in un torneo a livello internazionale. Ricordo ancora i gol: il primo mio, poi il Pupi e infine Ronnie. Una serata sudamericana a Parigi. Siamo arrivati alla finale con la fiducia di vincere, mi ricordo Simoni che era ci spingeva e ci dava grinta e fiducia. Con la nostra gente, contro una squadra italiana… Quella serata è stata magica.

Quale partita rigiocheresti?
Credo che vorrei ritornare a quel Juventus-Inter, partita che era decisiva per lo Scudetto. Il contatto Ronaldo-Iuliano era chiaro dal campo, avremmo vinto il campionato. Rigiocandola la vinceremmo sicuramente.

Attaccanti
Ad ora non vedo nessun attaccante molto simile a come giocavo io. Vedo attaccanti più “tuttocampisti”, che si muovono su tutto il fronte d’attacco e attaccano tutto lo spazio. Lo vedo soprattutto in Haaland e Mbappé… Lautaro è un bomber incredibile, un guerriero. Anche lui lavora tantissimo per la squadra, aiuta dietro, è un leader. Forse è lui che di caratteristiche si avvicina di più a me.

Il compagno più simpatico?
È difficile, poi all’Inter erano tutti simpatici… Ricordi Ze Elias? Era fantastico! Faceva le imitazioni di tutti noi, me, Zanetti, Ronaldo e anche il Mister! Prendeva un minuto di chi parlava e faceva l’imitazione, era incredibile. Ma poi anche Taribo West, Zanetti e Colonnese, che forse era un po’ più serio ma molto simpatico. Quella squadra era una famiglia, tutti collaboravamo e lottavamo per vincere qualcosa.

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